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“La salute nasce quando il Qi scorre libero come il vento tra le montagne: né troppo veloce, né troppo lento, ma in ritmo con la vita.”
Huangdi Neijing
“Chi segue il ritmo delle stagioni, vive in armonia con il Cielo e la Terra.
L’energia non si disperde, ma scorre come un fiume che conosce la sua strada.”
Articoli
Lo Yin, il Sangue e la Luna
L’Incantatrice cammina con la Luna: sa che ogni fase porta con sé un nuovo incantesimo.
L’Incantatrice cammina con la Luna: sa che ogni fase porta con sé un nuovo incantesimo.
C’è un ritmo che abita il corpo della donna, che non appartiene al tempo lineare ma a un ciclo continuo e antico.
È un movimento sottile, un’onda che si ritira e ritorna, che parla la lingua della luna.
È lo yin che scorre, la corrente silenziosa che nutre, accoglie e custodisce.
A esso appartiene il sangue, testimone della nostra ciclicità e della nostra capacità di rinascere.
Il sangue è la memoria della donna.
Porta con sé la storia delle madri e delle figlie, come un filo rosso che tesse la nostra identità, che ci ricorda la sacralità del corpo e la sua connessione con il mistero.
Ogni flusso è un atto di purificazione, un piccolo rito di ritorno a sé.
Lo yin è la forza che ci insegna a fermarci, è il buio fertile in cui i semi si preparano a germogliare.
Ci invita a riscoprire la bellezza della luna e della notte, a ballare sotto quel cielo, insieme alle voci silenziose delle nostre antenate.
Ci ricorda che non tutto va illuminato, che c’è saggezza nel non sapere e che la vita ha bisogno di pause per potersi compiere.
Il sangue va rispettato, nutrito, onorato.
Quando la donna impara ad ascoltare il ritmo del suo sangue, ritrova il suo potere ciclico: comprende che ogni fase ha la sua bellezza e la sua necessità.
Dentro la donna si intrecciano molte essenze primordiali, gli archetipi; danzano in lei seguendo il ritmo del sangue e della luna.
Si muovono silenziose le voci della Fanciulla, della Madre, dell’Incantatrice e della Saggia.
Sono presenze antiche, energie che si alternano e si intrecciano, donandoci la possibilità di essere ogni volta nuove e diverse.
La Fanciulla abita la primavera.
È il risveglio, la curiosità che apre lo sguardo, la fiducia che nasce dopo il buio.
Vive nei giorni che seguono il sangue, quando il mondo interiore torna a germogliare e il cuore si riempie di desideri.
Poi la Madre prende forma: è colei che nutre, dona e crea.
Non solo chi genera figli, ma ogni volta che mettiamo amore in ciò che facciamo, quando proteggiamo, sosteniamo, accogliamo.
La Madre è la luna piena, fertile di idee, generosa e compassionevole.
È la forza che sa trasformare la vita con la cura.
Quando la luce comincia a ritirarsi, giunge l’Incantatrice, la Donna Selvaggia.
È il tempo del discernimento. In lei la sensibilità si fa più acuta, l’intuizione si amplifica, la voce interiore diventa limpida.
L’Incantatrice è colei che non teme la trasformazione, che lascia andare ciò che non serve, che si prepara al buio come a un ritorno sacro.
È la magia che nasce dalla forza che si trova nella resa.
E infine, quando il sangue scorre, appare la Saggia, la Custode del silenzio.
È la luna nuova, la notte interiore, il tempo del raccoglimento e dell’ascolto profondo.
In lei riposa tutta la saggezza del femminile.
È la custode del mistero, quella che sa che ogni fine è solo un nuovo inizio.
Questi archetipi non vivono separati, ma si intrecciano dentro di noi come le stagioni della terra.
A volte una prevale, a volte si mescolano.
Accoglierli significa riconoscere la propria ciclicità, onorare il continuo nascere e morire che avviene dentro di noi, accettare di essere in costante mutamento.
Essere donna è questo: ascoltare le voci interiori che si alternano e imparare a danzare con loro, invece di opporvisi.
È accettare di essere mutevoli come l’acqua, profonde come la notte, fertili come la terra.
È ricordare che in ogni fase, anche la più silenziosa, batte il ritmo antico che unisce tutte le donne di ogni tempo.
Roberta | Sentiero Botanico
Persefone e il segreto delle stagioni
Come la terra si apre al seme, così Persefone si apre all’Oscurità: non per morire, ma per rinascere.
Come la terra si apre al seme, così Persefone si apre all’Oscurità: non per morire, ma per rinascere.
La leggenda di Persefone è una storia che parla di luce e di oscurità, di cicli e trasformazioni, di vita che muore e poi ritorna.
Persefone era la figlia di Demetra, dea della fertilità e della terra rigogliosa. Era una fanciulla giovane, pura, curiosa, con il sorriso di chi appartiene al tempo della primavera eterna. Passava le giornate tra campi profumati e cieli limpidi, raccogliendo fiori. Tutto ciò che la circondava viveva della sua gioia: la terra fioriva, i raccolti erano abbondanti, i venti gentili. Era come se la sua presenza facesse nascere la vita.
Ma il mondo, come lei stessa avrebbe imparato, non è fatto solo di luce. Un giorno la terra si aprì sotto i suoi piedi. Dal profondo emerse Ade, Dio degli Inferi, e in un attimo la rapì sul suo carro dorato, portandola con sé nel regno delle ombre.
Il cielo si fece silenzioso, la terra si spense.
Demetra cercò sua figlia ovunque. Vagò per il mondo senza sosta, chiedendo agli uomini, agli dei, agli animali. Quando comprese che Persefone era scomparsa nel ventre oscuro della terra, il dolore la consumò. Smise di nutrire i campi, lasciò che i fiori appassissero, che i raccolti si seccassero. La natura intera si spense con lei: nacque così il primo inverno, un tempo di freddo e di assenza. Gli uomini, che dipendevano dalla generosità della terra, iniziarono a soffrire. Era come se la vita trattenesse il respiro.
Zeus, per evitare che tutto il mondo sprofondasse nella carestia, mandò Ermes come messaggero negli Inferi per trattare con Ade. Il dio acconsentì a lasciar tornare Persefone alla madre, ma prima di farlo le offrì alcuni chicchi di melograno. Persefone li mangiò, forse per fame, forse per destino. Era un gesto piccolo, ma sacro: chi assaggia il cibo degli Inferi appartiene per sempre a quel regno.
Fu stabilito un patto. Persefone avrebbe trascorso sei mesi all’anno sulla terra, con Demetra, riportando la fioritura e la vita. Gli altri sei mesi li avrebbe vissuti negli Inferi come sposa di Ade e regina delle ombre. Così la terra imparò a respirare a due tempi: primavera ed estate per la gioia del ritorno, autunno e inverno per l’attesa silenziosa. Quando Persefone risale, la natura si risveglia. Quando discende, tutto si ritira.
Ma dietro questa leggenda si nasconde qualcosa di più profondo di una spiegazione stagionale. Persefone non è solo la dea che segna il passare dei mesi: è l’archetipo della trasformazione.
La fanciulla luminosa che diventa regina dell’ombra.
La donna che attraversa il buio e scopre che lì, nel silenzio sotterraneo, esiste una forza nuova, diversa, radicata. È la stessa forza che nasce in ognuno di noi quando attraversiamo un inverno interiore e ne usciamo trasformati. Persefone non è più solo la fanciulla che ride tra i fiori: è colei che conosce il buio e sa fiorire anche dopo averlo attraversato.
La sua storia ci insegna che la luce non si conquista fuggendo l’ombra, ma attraversandola con occhi aperti e cuore vivo.
La leggenda di Persefone non appartiene solo ai libri di mitologia. Vive nei nostri corpi, nei nostri ritmi interiori, nei momenti in cui impariamo a fidarci del ciclo naturale della vita. Ci ricorda che non possiamo restare per sempre nella luce, ma che non dobbiamo temere l’ombra. Ci insegna che scendere non significa perdersi, ma trasformarsi.
E così, anno dopo anno, la terra continua a raccontare la sua storia. I fiori che sbocciano a primavera non dimenticano l’inverno che li ha custoditi. La luce non dimentica il buio da cui è nata.
Persefone continua a camminare tra due mondi, a ricordarci che la vita è un cerchio, e che ogni discesa è solo l’inizio di un ritorno.
Roberta | Sentiero Botanico
Tornare alla Semplicità
Nel rumore costante delle cose da fare, ci stiamo perdendo qualcosa di essenziale: noi stessi.
Tornare alla semplicità è un atto rivoluzionario.
Arriva per tutti, o quasi, un tempo in cui sentiamo la necessità di ritornare alla semplicità.
Le vite elaborate e ricche di impegni nell’agenda, tolgono il gusto di assaporare i momenti delle nostre giornate. Correre è diventato sinonimo di successo e riempire le ore è segno di produttività. Eppure, nel rumore costante delle cose da fare, ci stiamo perdendo qualcosa di essenziale: noi stessi.
Oggi la più grande carenza che possiamo percepire è il tempo. Non perché il tempo manchi davvero, ma perché non riusciamo più ad abitarlo. Lo riempiamo fino all’orlo, e così si svuota di significato. Viviamo in apnea, trattenendo il respiro mentre scorrono i minuti, invece di respirare dentro le ore.
Tornare alla semplicità non significa rinunciare, ma ricordare.
Ricordare che la vita non si misura in compiti svolti, ma in respiri consapevoli, in sguardi, in sorrisi.
È riscoprire il valore del poco, l’intimità dei gesti quotidiani: preparare una tisana, ascoltare la pioggia, cucinare lentamente, camminare senza meta.
Semplicità non è povertà, è presenza. È scegliere di essere dove sei, interamente.
La naturopatia ci insegna che anche il corpo tende all’essenziale: elimina il superfluo, ricerca equilibrio, risponde al ritmo naturale. Quando viviamo in eccesso, anche la nostra energia si confonde.
Il corpo perde il suo passo, la mente si affolla, e nasce una stanchezza che non passa con il sonno.
Ma quando torniamo alla semplicità, anche la fisiologia respira. Il battito rallenta, la digestione si fa più leggera, il respiro più profondo.
La semplicità diventa cura.
Nella Medicina Tradizionale Cinese, la salute nasce dall’armonia tra l’interno e l’esterno, tra l’uomo e la natura.
E non c’è equilibrio possibile senza lentezza.
L’autunno, con il suo invito al raccoglimento, ci insegna che lasciare andare è il primo passo per ritrovare spazio.
Spazio per noi, per la calma, per la verità di ciò che siamo quando non stiamo correndo per diventare altro.
Tornare alla semplicità è un atto rivoluzionario.
Significa scegliere di non partecipare alla corsa al “fare”, per tornare al “sentire”.
È rallentare per ascoltare la propria voce interiore, per accorgersi dei piccoli miracoli quotidiani: la luce che entra dalla finestra, il profumo del caffè, la quiete di un pomeriggio silenzioso.
In questo spazio, la vita torna a fiorire.
Non serve cambiare tutto: basta iniziare da un gesto, da un momento, da un respiro.
Perché la semplicità non è una meta, ma un cammino.
Un ritorno.
Roberta | Sentiero Botanico
La Sincronicità
Ci sono momenti in cui la vita sembra tessere una trama invisibile intorno a noi.
Quando il dentro e il fuori si incontrano,
nasce la sincronicità.
Ci sono momenti in cui la vita sembra tessere una trama invisibile intorno a noi. Piccoli eventi che, a prima vista, potrebbero sembrare casuali, ma che dentro di noi risuonano come campanelli di verità. È un libro che appare proprio nel giorno in cui ne avevamo bisogno. È l’incontro inatteso con una persona che pronuncia le parole giuste al momento giusto. È quella canzone che arriva alla radio proprio mentre stiamo pensando a qualcuno.
Questi fili sottili, delicati e potenti, sono le sincronicità: segnali dell’universo che ci sussurrano che stiamo percorrendo la strada giusta. Il termine “sincronicità” nasce dal pensiero di Carl Gustav Jung, psicoanalista e profondo esploratore dell’anima, che lo descrive come “la coincidenza significativa di due eventi non legati da un nesso causale, ma uniti da un profondo significato.” Non è quindi il caso a muovere questi incontri, ma qualcosa di più grande: un linguaggio simbolico che la vita utilizza per comunicare con noi. Ogni sincronicità è come un messaggio racchiuso dentro un evento, una piccola scintilla che illumina il nostro cammino e ci invita a guardare oltre la superficie delle cose.
L’universo parla costantemente con noi, ma spesso il suo linguaggio è sottile, fatto di simboli, immagini e coincidenze che si intrecciano come trame segrete. Per coglierli è necessario rallentare, aprirsi all’ascolto, coltivare la presenza. Quando viviamo immersi nella fretta e nella distrazione, questi messaggi passano accanto a noi inosservati. Ma quando impariamo a camminare più lentamente dentro la nostra vita, ad ascoltare con il cuore e non solo con la mente, ecco che le sincronicità iniziano a rivelarsi ovunque: in una frase letta per caso, in un animale che ci appare ripetutamente, in un sogno che sembra volerci dire qualcosa.
Anche la natura parla questo linguaggio misterioso. Ogni stagione porta con sé messaggi diversi e invita a riflettere su aspetti specifici della nostra crescita. Così come i semi germogliano al tempo giusto e le foglie cadono quando è il momento di lasciare andare, anche le sincronicità arrivano quando siamo pronti a riceverle. Non possiamo forzarle né prevederle: accadono quando la nostra energia interiore è allineata con il flusso della vita. Sono come porte che si aprono silenziosamente, indicando un nuovo cammino, un cambiamento imminente o semplicemente confermandoci che stiamo seguendo la direzione giusta.
Imparare a riconoscere queste trame invisibili è un atto di fiducia e di apertura. Possiamo iniziare da piccoli gesti quotidiani: annotare ogni evento che ci colpisce o che sentiamo “significativo” in un diario, creare momenti di silenzio e contatto con noi stessi per ascoltare ciò che accade dentro e fuori di noi, dare spazio all’intuito che spesso riconosce il significato profondo prima ancora della mente. Queste pratiche ci aiutano ad affinare la percezione e a diventare più ricettivi ai segnali che la vita ci invia.
La sincronicità è la poesia con cui l’universo ci parla. È il modo in cui la vita ci accompagna, ci incoraggia e ci guida, intrecciando i fili invisibili del nostro destino. Quando impariamo a leggere questi segni, scopriamo che non siamo mai soli: siamo costantemente immersi in un dialogo misterioso e sacro con il Tutto. Forse la prossima volta che qualcosa “capiterà per caso”, potresti fermarti e chiederti: che messaggio porta con sé? Potrebbe essere l’universo che ti sta parlando dolcemente, attraverso la trama sottile delle sincronicità.
Autunno, il raccolto interiore.
L’autunno arriva con i suoi colori caldi, il fruscio delle foglie che cadono e l’aria più fresca che invita a rallentare.
Inspiro luce, espiro ciò che appesantisce.
L’autunno arriva con i suoi colori caldi, il fruscio delicato delle foglie che cadono e quell’aria più fresca che invita naturalmente a rallentare. Dopo l’espansione luminosa dell’estate, la natura ora si ritira, si fa più silenziosa, e ci mostra con semplicità che ogni ciclo ha bisogno di un tempo di introspezione. È la stagione in cui tutto rallenta e si fa più essenziale, in cui la terra compie il suo raccolto e ci ricorda che anche noi, come parte di questo grande ritmo, abbiamo bisogno di guardarci dentro, fare bilanci e scegliere cosa portare con noi.
Ogni foglia che cade è un invito a lasciar andare ciò che non serve più. L’autunno ci insegna la bellezza del distacco, non come perdita ma come spazio che si apre al nuovo. Così come gli alberi si spogliano senza resistere, anche noi siamo chiamati a liberarci di pesi inutili: abitudini, pensieri, relazioni o semplicemente modi di essere che appartenevano a un tempo ormai passato. Questo processo può sembrare malinconico, ma è in realtà profondamente rigenerante.
Secondo la Medicina Tradizionale Cinese, l’autunno è la stagione dell’elemento Metallo, legato all’energia dei polmoni e dell’intestino crasso. Il Metallo rappresenta la nostra capacità di trattenere ciò che ha valore e lasciare andare ciò che non serve. I polmoni ci insegnano a ricevere il nuovo attraverso il respiro, mentre l’intestino ci mostra l’importanza del lasciar andare. In questo periodo, coltivare la respirazione consapevole e fare spazio nel corpo e nella mente diventa un gesto sacro di armonia con l’energia stagionale.
L’autunno è anche il tempo del raccolto interiore. Così come nei campi si raccolgono i frutti del lavoro estivo, anche noi possiamo fermarci un istante per osservare ciò che abbiamo seminato nei mesi passati. Quali progetti sono maturati? Quali esperienze ci hanno arricchito? Quali insegnamenti vogliamo portare con noi nel cammino? Fermarsi a riflettere è un modo per onorare il percorso compiuto e riconoscere il valore delle nostre radici.
In questo tempo sospeso tra luce e ombra, la natura ci invita a creare spazi di quiete. Possiamo camminare tra gli alberi osservando le foglie che si posano leggere sul terreno, bere una tisana calda che scaldi il corpo e l’anima, scrivere pensieri e desideri su un diario per fare chiarezza. Anche in casa possiamo portare dentro il ritmo dell’autunno: rallentando, riducendo il superfluo, circondandoci di cose che ci nutrono davvero.
L’autunno ci insegna che il lasciar andare non è una fine, ma una preparazione. Nel momento in cui ci spogliamo del vecchio, creiamo lo spazio necessario perché il nuovo possa germogliare. Così, in questo tempo di raccolta e introspezione, possiamo tornare a noi stessi con più autenticità, pronti ad affrontare il silenzio dell’inverno con leggerezza e consapevolezza.
Ogni respiro diventa allora un gesto sacro: inspiriamo il nuovo, espiriamo ciò che non serve più. Proprio come la natura, impariamo a fidarci del ritmo della vita, accogliendo il cambiamento come parte essenziale del nostro cammino.